domenica 24 aprile 2016

25 Aprile: l’umanità di nuovo in cammino di civilizzazione

Il 25 Aprile ha già la sua storia consolidata. Per fortuna.
Si possono solo aggiungere capitoli di dimenticati/oscuri/ignoti 
episodi. Non altro. Anche se aperte restano le vie della riflessione.

Il 25 Aprile è una data limite: segna il passaggio dalla caduta
della coscienza di umanità nei “volontari carnefici del nazifascismo”,
al rialzarsi della speranza in un mondo migliore
nelle/i “partigiane/i della Resistenza”.

Gli orrori della guerra e della morte, ora nei campi di sterminio
ora nel fungo dell’atomica, derivano da un modo di “pensare” terribile, 
violento, per il quale “tutto è possibile/lecito” per raggiungere 
un obiettivo di dominio/vittoria, per il quale ogni azione è sempre 
realizzabile in assenza di un limite meditato/riconosciuto 
da non valicare. E senza limiti definiti e interiorizzati, 
il potere dell’oltraggio è infinito.

A stabilire un limite invalicabile al dominio degli uomini,
dopo la guerra degli orrori, è intervenuta, nel 1948, 
la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
L’art. 1 afferma: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali
in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza
e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

Il 25 Aprile, dunque, è la restituzione a ogni persona di dignità e diritti
(con l'auspicio di un agire conseguente nei confronti di ogni persona).
Eppure, si sa, il cammino per una universale condivisione 
di questo principio è ancora lungo e difficile, specie oggi in tempi
di terrorismo e muri; ma guai a tornare indietro.

Il 25 Aprile, quest’anno, nel suo significato di ripresa
di un percorso di civilizzazione, trova una conferma nelle parole
di Bjorn Ihler: “La nostra migliore arma contro il terrorismo 
–e si può aggiungere: contro ogni terrorismo- è l’umanità”.

O no?
Severo Laleo

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