giovedì 21 aprile 2016

Bjorn Ihler, la carcerazione disumana e la cultura del limite



Quando si affronta il tema dell’umanità della pena 
in relazione a delitti immensi, per eccellenza disumani, 
perché contro la vita di innocenti, specie se nel pieno della gioia di vivere,
la domanda da porsi, per tentare di, e continuare a, essere, 
quale società, al di qua della disumanità e all'interno di un processo 
continuo di civilizzazione, è: qual è il limite?

Il sistema giustizia della Norvegia, dopo aver condannato Breivik
responsabile di aver ucciso 77 persone –si apprende dai giornali-,  
a 21 anni di carcere (già circondando di un confine/limite la pena:
né condanna a morte, né condanna all'ergastolo), ha condannato 
anche lo Stato per il fatto di avere inflitto a Breivik
anni di prigionia “disumana”, oltre il limite.

La reazione diffusa nel mondo è stata di sconcerto. 
A seguire il “buon senso” di sempre, pare davvero un giudizio 
di una mitezza eccessiva, questo sì oltre misura, oltre il limite, 
soprattutto in relazione alla gravità del reato.

Ma Bjorn Ihler, scampato alla violenta, crudele, disumana scarica di spari 
di Breivik, dichiara: “Che il tribunale abbia dato ragione
a Breivik è il segno che il nostro sistema giudiziario funziona
e rispetta i diritti umani anche nei casi estremi … La nostra migliore 
arma contro il terrorismo è l'umanità. Il verdetto dimostra 
che noi riconosciamo l'umanità anche degli estremisti”.

Breivik, secondo la speranza attiva di Bjorn Ihler, non è un terrorista 
mai pentito”; semmai è un terrorista “non ancora pentito”; 
Bjorn intende guardare avanti, confermando il suo impegno di lavoro 
(di sé scrive: I'm an activist working against violent extremism 
and terrorism and for peace and human rights internationally)
per l’affermazione/diffusione, anche futura, dell’”umanità” 
(nel senso di rispetto comunque della sua “dignità”).
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti... 
….Ad ogni individuo spettano tutti i diritti ...senza distinzione alcuna, 
per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, 
di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, 
di ricchezza, di nascita o di altra condizione.” 
In una parola: sempre!

Bjorn Ihler, non negando, laicamente, umanità a nessuno, 
nemmeno a Breivik,  immagina che la meta del percorso di ogni sforzo 
per rispettare l’umanità in sé sia proprio la sconfitta del terrorismo.
E l’arma per tanta battaglia è praticare, anche attraverso gli atti, 
una irrinunciabile umanità

Quantunque il pensiero corra triste al dolore delle persone care
delle tante giovani vittime, quantunque riesca difficile accogliere,
in questo caso particolare, l’idea di tanta mitezza di Stato, 
forse questo giovane, scampato alla strage, questo Bjorn Ihler 
riesce a dare sostanza e senso a una sofferta 
eppur viva cultura del limiteil rispetto della persona umana in sé 
è per sempre e per tutti. 
In nome di un futuro sempre più umano.

O no?

Severo Laleo 


1 commento:

  1. la vendetta presuppone odio, risentimento,rancore...sentimenti che ci ancorano al passato e che non ci fanno andare avanti, non ci fanno fare pace con noi stessi...anche se è molto difficile rendersene conto! La parola "umanità" non comprende, almeno per me, accenti negativi, ma vuole trasmettere un senso di serenità che vuole guardare al futuro e non essere "umani" non ci differenzia da chi fa del male, anzi!

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