venerdì 17 giugno 2016

Jo Cox, Jo Cox, Jo Cox e il dolore



E’ più profondo il dolore, più penetrante la commozione, 

quando una persona, Jo Cox,

di grande apertura e solidarietà, con parole e opere,

nei confronti dei diseredati della terra,

scompare per la violenza di qualche squilibrato sì,

ma ben allevato dalla nostra indifferenza

comoda e dalla nostra incapacità di sradicare,

con gli strumenti della cultura e della legge,

ogni idea/professione, quasi sempre, bisogna dire, 

di timbro/origine  maschile, di eliminazione dell’altra/o.

E se si guarda l’immagine di Jo, i suoi occhi dolci, il suo sorriso

sereno e accogliente, cresce la rabbia per l’impotenza 

della nostra civiltà nei confronti della perversione dell’odio.

Ha dichiarato Brendan Cox, marito di Jo Cox:

"Una donna che credeva in un mondo migliore e che lottava

a questo scopo ogni giorno della sua vita con energia

e una grinta per la vita che sfiancherebbero la maggior

parte delle persone". E aggiunge: "Ora è il tempo di lottare 

contro l'odio che l'ha uccisa. L'odio non ha credo, razza 

o religione. L'odio è velenoso".


A questa strategia di lotta all’odio la società civile 

e il potere politico hanno da dedicare

tempo, persone e risorse. E’ un dovere della civiltà.

O no?

Severo Laleo

P.S.  Trovo sul sito di Azione nonviolenta questo intervento di Jo Cox: 
è un’idea forte di una strategia contro l’odio. 
Basta armi all’Arabia Saudita, basta massacri di bambini yemeniti. L’ultimo articolo di Jo Cox

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