lunedì 30 maggio 2016

Franceschini e l’uomo forte




Il Ministro Franceschini, a proposito del suo Presidente
del Consiglio, dichiara: "Uomo forte, nel senso di uomo che decide.
Questo è Renzi. Se un altro di noi fosse stato al suo posto,
me compreso, si sarebbe fermato
sulla legge elettorale per non rompere il Pd
o sulla riforma per evitare la frattura con Forza Italia,
o sul Jobs Act per tenere dentro la Cgil,
sulla scuola per non rompere con gli insegnanti
e sulle unioni civili per non litigare con la Chiesa.
Devo continuare?".

No, no, basta così! E’ tutto chiaro: la sua, Ministro Franceschini,
è la vecchia, antica politica del “seguire chi avanza senza paura”.
A prescindere se la meta è, o non è, il programma di “Italia. Bene Comune”
a prescindere se si rispettano o meno le indicazione
degli elettori di “Italia. Bene Comune” nel 2013.

Il leader decidente/decisore, il suo uomo forte, è tale, Ministro Franceschini
solo se trova oppositori asfaltati e seguaci timorosi,
e, perché no?, accuccioni, nel senso di pronti a sedersi in poltrona,
magari affascinati dal coraggio del Capo sempre pronto
ad avanzare, nel banale disprezzo del Programma scelto dagli elettori: 
è proprio lì il coraggio, meglio la sfrontatezza,
in quell'andare avanti, oltre il limite, in dispregio di Pubblici Impegni 
sanciti da un Voto, quel coraggio di cui Franceschini sarebbe incapace, 
ma a cui tributa un elogio senza pari.
E così, privo di coraggio, Franceschini si rivela, appunto, un ottimo seguace.
Pronto a seguire chi avanza. Sempre e comunque.
Senza chiedersi perché mai avanzare è meglio di fermarsi,
perché mai rompere/strappare è meglio di comporre/cucire.


Ma, forse, a qualcun altro, abituato a un confronto libero
e continuo, essere seguace non basta, e per questo,
legittimamente, insiste nel chiedere:
un’altra legge elettorale senza più nominati,
una Riforma per l’estensione, e non per la riduzione,
della democrazia,
una più ampia tutela delle persone al lavoro,
una scuola del successo scolastico aperta al dialogo
senza schiavizzazione burocratica.
E tutto questo con il coraggio prudente e tenace della Politica
del Dialogo, della Politica tout court, semplicemente per rispetto 
della libertà degli elettori.
O no?

Severo Laleo

sabato 28 maggio 2016

Serra e Cacciari: i nuovi complici di “giovanotti avventurosi e forse avventurieri”




Mentre leggo, oggi, grazie a FB, L’Amaca di Michele Serra su La Repubblica
di colpo, istintivamente, il pensiero corre a un giovane liberale del Novecento, 
Piero Gobetti. E capisco quanto sia stato pesante per l’Italia, per la democrazia
in Italia, aver lasciato in un colpevole dimenticatoio la cultura liberale, 
quella costruita sull’esercizio critico e libero di ogni singola persona 
nei confronti del Potere. E comprendo quanto sia e sia stata orfana 
la nostra scuola dell’insegnamento di serietà di Gobetti, se anche il “moralista”, 
in altre circostanze intransigente, Serra si rivela dipendente dalla cultura tipo 
dell’italiano medio di sempre: un dannunzianesimo superficiale, pressapochista
e arruffone. E soprattutto senza impegno morale.

Scriveva Piero Gobetti: "La lotta tra serietà e dannunzianesimo è antica 
e senza rimedio. Bisogna diffidare delle conversioni, e credere più alla storia 
che al progresso, concepire il nostro lavoro come un esercizio spirituale, 
che ha la sua necessità in sé, non nel suo divulgarsi.
C’è un valore incrollabile al mondo: l’intransigenza e noi ne saremmo, 
per un certo senso, in questo momento, i disperati sacerdoti."
E ancora: Abbiamo combattuto il fascismo e il mussolinismo
per un ideale di serietà non per sostituirvi degli altri avventurieri. 
Bisogna preparare ben altra rivoluzione nelle coscienze, bisogna 
dare agli italiani un senso realistico e capacità moderna di lotta politica, 
abituarli al sacrificio e all'intransigenza per le loro idee.”
Ecco, “abituarli all'intransigenza per le loro idee”: ma Serra e Cacciari
hanno rinunciato all'intransigenza e trovano al loro SI’ giustificazioni fuorvianti. 
E superficiali. Esterne. Per colpa di generazioni.

Al di là di una discussione nel merito della Riforma Costituzionale,
comunque difficile da chiudere per ogni argomento con un SI’
o con un NO, costretti alla semplificazione di un voto, bisogna pur dire, 
non democratico, perché obbliga a prendere o lasciare
in blocco (alle persone del popolo non s’addice forse il distinguere!), 
pare scelta più saggia rifiutare l’argomentazione “ineluttabile” di Serra 
(“la sola idea che accada è più convincente dell’idea che quella cosa 
possa essere sbagliata”), e accogliere semplicemente un civile, 
questo sì nuovo, comportamento di serietà contro il dilettantismo, 
di severità contro il pressapochismo, senza alcuna necessità di seguire,
cancellando la memoria, “giovanotti avventurosi e forse avventurieri”.
Si potrebbe dire: “Che abbiamo da spartire noi con la sinistra depressa 
e sconfitta e ora schiava dell’ineluttabile?
Forse proprio nulla.
O no?

Severo Laleo

martedì 3 maggio 2016

Referendum: la retorica insopportabile del Premier merita un NO



Renzi, a leggere HP, tuona nei suoi comizi agitando questo linguaggio:

1. "… due anni fa l'Italia era totalmente incastrata dentro
un atteggiamento di costante depressione politica,
poi è accaduto che le riforme improvvisamente hanno iniziato
a realizzarsi".
Giusto: improvvisamente! E perché? Come mai?
Non sarà forse grazie a un Parlamento che, pur eletto
per la salvaguardia del Bene Comune e per realizzare
un Programma molto chiaro, ad esempio, su Scuola,
Lavoro e Povertà, si rende subito disponibile, con facilità,
per abitudine italiana al trasformismo, e per un radicato
e astioso, antico e fuori tempo massimo, “anticomunismo
d’origine illiberale, a seguire  altre strade in piena contraddizione 
con il voto degli elettori di centro-sinistra?
La responsabilità di Napolitano, nell'aprire le porte a un Governo
di impetuosi opportunisti, tutti dediti a cancellare quanto dalla sinistra 
e dal centro-sinistra ulivista era stato conquistato negli anni, 
senza tener conto, quindi, del rispetto programmatico del voto popolare,
è fuor di dubbio, al limite della ferita Costituzionale,
e gli inviti da parte di disorientati partiti politici perché accettasse
un altro incarico Presidenziale non sono una sua giustificazione.
E fuor di dubbio è anche l’acquiescenza paurosa, ingiustificabile
in una democrazia matura, della sinistra del PD, al di là
del valore e dei dubbi delle persone.

2. dopo "63 Governi" e dopo due anni di "cambiamento radicale,
la sfida più grande comincia adesso … quello che stiamo cercando
di fare che è molto più importante del Pil (proprio così, incredibile!),
è restituire agli italiani l'orgoglio di appartenere a qualcosa di grande 
(una volta, evidentemente, gli Italiani avevano l’orgoglio
di appartenere a qualcosa di grande … e quando di grazia? 
Durante l’Impero?); in realtà, sostiene Gianfranco Pasquino,
negli anni Novanta si sono fatte riforme, come quella elettorale
e la legge sui sindaci. Negli anni Duemila, sono stati riformati i rapporti 
fra Stato e autonomie locali, è stata fatta un’altra riforma elettorale,
è arrivata anche la Grande Riforma (56 articoli) berlusconiana bocciata
da un referendum. Il bicameralismo italiano non era perfetto, ma paritario. 
La riforma renzian-boschiana non abolisce affatto il bicameralismo.
Lo trasforma in maniera confusa. Qualcuno dei riformatori è in grado
di portare esempi relativi a gravi problemi di legislazione 
di rappresentanza prodotti dal Senato? Altro che immobilismo. 
Grande, persino eccessivo attivismo”.

3. serve  "una gigantesca campagna casa per casa, porta per porta 
(citazione infelicissima e fuori luogo, almeno per chi ha ancora Berlinguer 
nelle sue corde), per vedere se gli italiani vogliono entrare nel futuro 
a testa alta (bisognerebbe spiegare, ai giovani soprattutto,
quelli chiamati a impegnarsi a dare la vittoria alle parole vuote
del Premier, come si entra nel futuro, ad esempio, senza pensione,
a testa alta?);

4. ... ho bisogno di voi (ha bisogno di noi, il Premier? di noi che solo
a seguire il suo invito, a prescindere da ogni altra misura, entreremmo 
nel futuro a testa alta? e quando? adesso? e poi, entrati nel futuro a testa alta
avrà ancora bisogno di noi, il Premier?) 10 mila comitati in tutta Italia, 
composti da un minimo di 10 a massimo di 50 persone". Amen!

Al di là di ogni altra considerazione nel merito del Referendum,
poiché il prendere o lasciare, sulla parola, e quale parola,
su materia così complessa e dai multiformi aspetti, 
non è un esercizio accettabile in un paese civile, libero, intelligente, 
partecipante, solo il NO restituisce a noi cittadini liberi,
e non semplici seguaci, l’orgoglio nuovo, democratico, critico
di “appartenere”,  non importa se “a qualcosa di grande”,
ma sicuramente a qualcosa di nostro, finalmente!

O no?
Severo Laleo

La retorica di Renzi è senza limiti, ma anche il ragionamento dell’attento Napolitano
è, nella sua conclusione, senza fondamento: è solo un ipse dixit. Dichiara Napolitano
al Corriere: «Vedo tre diverse attitudini. Quella conservatrice: la Costituzione è intoccabile,
non c’è urgenza né bisogno di rivederla.
Quella politica e strumentale: si colpisce la riforma per colpire Renzi.
E quella dottrinaria “perfezionista”. Dubito molto che tutti i 56 costituzionalisti e giuristi
che hanno firmato il manifesto contro siano d’accordo su come si sarebbe dovuta fare la riforma.
Ma questa è una posizione insostenibile: perché il No comporterebbe la paralisi definitiva,
la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione». 
La sepoltura dell'idea di revisione della Costituzione? Accidenti Presidente! Misura, non è mestier suo 
il catastrofismo. O no?

lunedì 2 maggio 2016

Maltrattamenti infanzia e storture di un paese civile: gioventù senza occupazione e sprecata nei call center e periferie deserte di umanità



E’ terribile. Ed è vero. Se si riflette, per un attimo, a mo’ di esempio, 
intorno alle condizioni dell’infanzia nei quartieri degradati
delle città (oggi al centro dell’attenzione dei media - per quanto, ancora?- 
è il Parco Verde di Caivano con la storia tristissima
e insopportabile della povera Fortuna) e alla platea enorme,
specie nel Sud, di giovani disoccupate/i, si tocca con mano
la recente involuzione, a furia di risparmiare, sociale e culturale
di grandi proporzioni: la nostra società, individualista
e schiavizzante per tipologie e condizioni  di lavoro, ha ammassato giovani 
piene/i di vita, ma senza speranza di futuro, nei call center
a svolgere imprigionate/i il nulla con paghe di fame,
o nell’inoccupazione, e ha abbandonato le povertà materiali
e culturali delle periferie urbane alla solitudine del silenzio egoista, 
famiglia per famiglia, dell’arrangiarsi a tutti i costi, privandole
delle necessarie presenze di persone di sostegno.
Si salvi chi può, gli altri si dannino.

Esiste una quantità enorme di giovani con competenze in studi 
grosso modo definibili “umanistici” e di “cura” senza un impegno
di lavoro o costrette/i a lavorucoli nel ciclo delle merci e dei servizi
alle merci, mentre potrebbero essere, con investimenti ad hoc,
nel settore dell’infanzia, occupate/i nel produrre le migliori condizioni
per una vita civile e dignitosa ad ogni bambina/o.
Il nostro Stato ogni giorno diventa sempre più, con le sue leggi,
con i suoi “bonus”, regalie avvilenti per definizione,
con le sue Riforme, un’amministrazione al servizio del denaro
e degli interessi delle lobbies, incapace di dare sostanza
con investimenti prioritari e d’obbligo alla realizzazione
dell’art. 3 della Costituzione.
Ecco l’impegno scritto nell’art.3:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti 
alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua,
di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico 
e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, 
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione 
di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

E Mattarella, il Presidente, almeno in questo caso, burocrate chiuso 
nelle carte, senza scatti propositivi degni di avviare a soluzione,
là dove è necessario ictu oculi, la tragedia dei maltrattamenti all'infanzia, 
non può chiedere solo indagini approfondite e pene
più severe; troppo facile; deve chiedere l’applicazione forte, integrale, 
con risorse ingenti ad hoc e prioritarie, dell’art. 3 della Costituzione 
di cui è garante attivo anche nella sua parte programmatica, 
richiamando al proprio dovere il Governo.
Perché la nostra Costituzione oltre ad affermare l’uguaglianza formale 
di ogni persona, chiede anche si operi concretamente
per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando 
di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono 
il pieno sviluppo della persona”. 
Il pieno sviluppo della persona umana, non un casuale sviluppo 
lasciato alle condizioni ambientali e sociali degradate.

Liberiamo la gioventù con competenze iniziali nel campo
delle “relazioni di cura”, disoccupata e/o imprigionata
nel vendere ai call center, formiamola, motiviamola,
paghiamola bene e si invadano le periferie urbane della miseria
con una massiccia presenza di giovani, viventi protesi di vita.

Si investa, caro Presidente Mattarella, in civiltà e convivialità.
Se un Governo non sa spendere i nostri soldi per donare civiltà
di vita a migliaia di bambini, confonde la Politica con il Potere. 
Ma la Politica se non è con i più deboli,
è un maledetto imbroglio.

O no?
Severo Laleo

P.S.

Nell’ “Indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia. 2015” si legge, in una raccomandazione, anche di una convenienza economica nell’intervenire: “L’assenza di un Piano nazionale di contrasto, prevenzione e cura, nonché di risorse certe su questo tema, oltre ad influire pesantemente sulla possibilità di crescita di tanti bambini ed adolescenti, compromette l’età adulta sia sul versante sociale che genitoriale, incidendo pesantemente sull’incremento dei costi del sistema sociale, sanitario e giudiziario. La mancanza di investimenti per il contrasto, la prevenzione e la cura dei maltrattamenti su bambini ed adolescenti aggrava l’onere per il bilancio dello Stato alimentando il circolo vizioso che il risparmio sull’infanzia si traduce in un costo 7 volte maggiore per le casse pubbliche, secondo la famosa equazione del premio Nobel per l’economia James Heckman (www.heckmanequation.org). Si chiede pertanto al Governo di assicurare risorse certe, volte alla realizzazione delle azioni per il contrasto, la prevenzione e la cura del maltrattamento dell’infanzia, da destinare anche ai livelli di governo regionali e comunali, al fine di assicurare un rafforzamento dei servizi territoriali, per una corretta prevenzione e presa in carico dei minorenni maltrattati e delle loro famiglie.