venerdì 15 febbraio 2013

Un “limite” all'antico dominio maschile: il bicratismo




One Billion Rising
ora è possibile dire, è diventata, nonostante non abbia goduto
in ogni Paese di una piena e diffusa copertura mediatica,
la più grande manifestazione universale di donne (e uomini)
mai organizzata prima, per affermare, dal basso,
proprio dal basso, senza necessità di devianti mediazioni, l’idea,
semplice, ma ancora difficile da realizzare, di non violenza tra persone,
a prescindere da Stati, governi, società, culture, religioni, proprietà, soldi.
Non violenza tra persone? Sì, perché denunciare, oggi, danzando,
la violenza di maschio contro la libertà di persona della donna,
è anche un invito a denunciare, con più forza, domani, e non solo danzando,
la violenza dell’uomo contro la libertà/dignità di ogni altra persona.
One Billion Rising
ha aperto, quindi, un nuovo percorso di civilizzazione nelle nostre società
a livello planetario. E tanto, grazie alle donne. Alla gioia danzante delle donne.

Eppure il germe della violenza di genere, al di là di ogni “curvatura” soggettiva,
è, forse, tutto nell'idea, ancora presente e viva in molte “regioni” culturali 
del mondo, della superiorità illimitata del maschio nei confronti della donna,
una superiorità la quale, mai negata nella lunga durata della storia,
ha prodotto l’idea universale, questa sì non ancora dappertutto in discussione,
del “dominio/potere”, via via, del maschio, del “despota”, del “padrone”,
dell’”uno”, del “capo”, del “monocrate”, del “duce”, del “leader”,
in ogni sede della decisione privata e pubblica. Un'idea violenta in sé,
anche se il ruolo del monocrate decisore è affidato a una donna.
Questa cultura/visione del mondo della naturalità del monocratismo,
chiaro esito obbligato del maschilismo imperante nei secoli,
ha bisogno di un rovesciamento/superamento, attraverso la produzione
di nuove regole di rappresentazione e relazioni sociali tra generi,
nel privato e nel pubblico. In breve, sarà la democrazia di genere,
con il suo bicratismo, a sconfiggere la violenza del maschio.


Basterebbe, per spezzare la secolare convinzione della superiorità del maschio,
scrivere una semplicissima norma di qualche rigo, più o meno di questo tipo:
In ogni sede di potere decisionale la presenza di uomini e donne deve essere pari”.
Che c’è di sconvolgente! Quali argomenti in contrario possono essere inventati
senza cadere nel ridicolo? Eppure i maschi (non tutti) resistono, e resistono
le donne a dominante cultura maschilista. Quando ci si siede intorno
al grande tavolo del mondo, a colpo d’occhio, uomini e donne si trovano divisi
perfettamente a metà o quasi. E siedono insieme. Ma quando il grande tavolo 
del mondo si trasforma nei tanti piccoli tavoli di decisione, di potere, di governo,
la presenza delle donne diventa casuale, facoltativa, opzionale; e appena i tavoli
diventano istituzionali, di amministrazione, di controllo, la presenza delle donne,
se va bene, è “quotata” al minimo. E non si siede più insieme. E’ ora di sostituire
il monocratismo con il bicratismo, dall'uno alla coppia, e ogni resistente mito
di superiorità crolla davanti alla visibile parità di genere.

Se si vuole dunque aprire una via possibile al cambiamento della società,
nella direzione dell’assoluto rispetto reciproco tra persone, dell’assoluta pari
libertà di genere, inverando l’art.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani, e, conseguentemente, nella direzione dell’estensione della democrazia
e soprattutto della formazione di una decisione pubblica non più
condizionata/dominata da una cultura di genere maschile, in tutte
le “sedi/posizioni” di natura decisoria di pubblica utilità la presenza uomo/donna 
non può non essere pari.
La violenza del dominio maschile forse ha bisogno di un nuovo “limite”:
il bicratismo di genere.
O no?
Severo Laleo




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