sabato 1 ottobre 2016

M5S e quote rosa: l'intuizione congelata di Appendino





Il romanzo delle "quote rosa" ha ora un altro capitolo,
grazie a due persone nuovissime nel panorama politico italiano: 
Appendino, sindaca di Torino e Raggi, sindaca di Roma.
Entrambe bocciano le quote rosa, perché rappresentano
o “un recinto per panda” o “aiutini” in contrasto con la meritocrazia (sic). 
Anche se Appendino aggiunge, in verità, pur senza dare 
una qualche possibilità di realizzazione alle sue parole: 
"il modello ideale a cui tendere è quello senza quote rosa."
D'accordo: il modello ideale a cui tendere è senza quote rosa,
perché le quote rosa saranno fuori luogo, inutili, senza senso, 
quando sarà superata/sbloccata l’attuale struttura di “Potere”, 
derivante direttamente da una storia tutta dominata dall’impronta assoluta 
del maschilismo. Anzi, a leggere i giornali, Appendino un tempo 
avrebbe gradito l’imposizione della parità di genere”. 

D’accordo: intuizione giusta, ma ancora congelata nel M5S.
Forse addirittura inesprimibile. E i motivi sono tanti, culturali 
e di pratica politica.
L’imposizione della parità di genere è, in realtà, un passo obbligato
per accedere a una visione del “Potere” oltre il maschilismo,
anzi oltre l’idea stessa di “Potere” in sé finora nota.
Infatti il parlare di quote rosa non coinvolge la critica
alla struttura del “Potere” in sé. Nelle società moderne
–e ripeto un discorso già scritto- le strutture di "Potere" sono figlie
dell'antica visione maschile del mondo, senza dubbio alcuno.
Anzi il maschilismo ha generato le strutture di governo
a sua immagine, a immagine del suo “IO”, solo, forte e potente.
E così il monocratismo, l’idea di un Capo Uno, di un uomo solo
al comando, è il risultato, l’esito oggettivo, inevitabile, del maschilismo,
di quella storia cioè finora costruita dagli uomini, quelli maschi.
Eppure proprio il monocratismo  è la modalità di governo da superare
se si vuole una reale democrazia di genere.
Se la parità uomo/donna non irrompe nel livello monocratico
di ogni “governo”, la nostra società continuerà a restare
imbrigliata nelle antiche strutture di potere appannaggio maschile.

Perché le strutture di potere/governo sono affidate a una sola persona
e non a una coppia uomo/donna?
Perché a diffondersi finora è stato il modello di un’autorità unica,
a Capo Uno, e non duale, a Due?
E’ forse il monocratismo una modalità di governo naturale?
O è il risultato di un lungo processo storico, segnato dall'assenza di donne?
La semplice scalata alla parità uomo/donna attraverso le quote rosa
non scalfisce la struttura maschilista della nostra organizzazione sociale.
Per aprire una via possibile al cambiamento della società,
anche nella direzione dell’estensione della democrazia e della trasparenza,
e soprattutto della formazione di una decisione pubblica
non più condizionata/dominata da una cultura di genere maschile,
in tutte le “sedi/posizioni” di natura decisoria di pubblica utilità
la presenza uomo/donna non può non essere pari, anzi, deve essere pari.
In realtà, il monocratismo, il potere/dominio, cioè, di uno solo,
pur conquistato per via democratica, è l’esito obbligato del maschilismo,
con tutte le sue degenerazioni, dal leaderismo carismatico
all’uomo della provvidenza, e non muta, anche se il monocrate è donna.
Il maschilismo e la struttura maschile del potere cadranno
quando cadrà il monocratismo. E le conseguenze, in termini
di un’educazione, non violenta, alla parità, generata non da teorie
ma dal nuovo contesto di relazione uomo/donna al “Potere”,
saranno visibili nelle nuove generazioni.
Chissà, forse il bicratismo perfetto potrà segnare una nuova stagione
di democrazia.

O no?

Severo Laleo

Nessun commento:

Posta un commento