martedì 5 dicembre 2017

Liberi e uguali....e maschi



Chi ha dato all'uomo Grasso l'ascia del leader? 
Altri  leader di altri piccoli partiti. Purtroppo altri uomini. 
E tutti dotati, per definizione, di ascia, pur se pacifisti.
È mancato a questi leader di piccoli partiti il coraggio 
di buttarsi nel gorgo di rabbia della sofferenza sociale, 
per ascoltare e chiedere lumi, e sostegno; 
è mancato a questi leader di piccoli partiti il coraggio 
di scendere con umiltà nel circuito 
della domanda, ai limiti dell'indignazione,  
di una normale legalità, per garantire un impegno 
di assoluta trasparenza. 
È mancata a questi leader della sinistra la lungimiranza 
di guardare alla società nella sua dimensione reale, 
pesante, di genere, di uomini e di donne, con pari dignità 
in ogni senso, per andare oltre il leaderismo monocratico 
per costruire a sinistra la novità, anche sperimentale, 
di una leadership a due, di un uomo e una donna, 
con pari facoltà e dovere di mediazione/intesa.
Se si fosse data voce alla sofferenza sociale 
e alla domanda di legalità, forse altri/e, sconosciuti/e ai più, sarebbero diventate, nell'entusiasmo di una partecipazione
dal basso, guide di un nuovo progetto di società 
a sinistra. E chissà, forse sarebbe stato scelto anche Grasso, 
ma insieme a una Francesca.
La sinistra, per usare un'espressione da non ripetere, è donna; 
e se la sinistra è solo in mano a uomini, 
perde la sua ragion d'essere.
O no?
Severo Laleo

mercoledì 22 novembre 2017

Scalfari tra Berlusconi e Di Maio




Che i nostri rappresentanti politici, spesso al vertice dei partiti/movimenti,
siano, almeno per molti nella generazione dei canuti pensionati,
inadeguati, incompetenti, molto spesso arroganti, imbroglioni a tappe
e nel profondo maschilisti, è fatto assodato.
(Le eccezioni confermano la regola.)
Che Eugenio Scalfari, pur canuto da tempo, dichiari tra Di Maio e Berlusconi
di preferire quest'ultimo, è fatto incredibile ma comprensibile.
Sì, perché Scalfari da una parte dimentica tutto quanto meritoriamente
la Repubblica ha scritto di e su Berlusconi, insistendo a chiare lettere
sull'importanza di irrinunciabili principi liberali per ogni moderna democrazia,
dall'altra conferma la sua propensione a considerare la politica mestier
di leader/capi, sempre, o quasi, maschi. A prescindere. Il "sentire popolare",
ragione o rabbia che sia, per Scalfari è semplicemente un dato sociologico
ininfluente, una variabile dipendente dal "capo" di turno.
Quindi inesistente. Scalfari intende la politica, il fare politica,
l'agire politico quale confronto tra leader. Ma è davvero così?
davvero la politica è scontro tra leader, al di là di programmi, valori,
interessi, comportamenti, etica? non è la politica l'etica praticata in pubblico?
è davvero la democrazia una grande "finzione"?


Al contrario di Scalfari, persone oneste e ragionevoli, e indignate, se fossero chiamate
a scegliere tra Berlusconi e Di Maio, quindi tra due "parti" ben distinguibili
sul piano dei programmi e dei comportamenti, non avrebbero dubbi,
sceglierebbero Di Maio, e non per il leader, Di Maio, casuale e temporaneo,
inesperto e senza un preciso bagaglio di competenze,
ma per almeno qualche buon motivo presente nel programma politico del M5S.
Tanto perché a volte il "sentire popolare" è più avanti rispetto alle scelte dei maestri!

Anche se, in verità, l'astensionismo è oggi nel nostro Paese la prova più diretta
e immediata della scarsa credibilità della politica e dei suoi leader.
Forse un giorno la democrazia, superato il leaderismo monocratico
maschile, non sarà più una "finzione".
O no?
Severo Laleo

mercoledì 8 novembre 2017

Montanari e la leadership: capo, maschile singolare, plurale, nome singolo. Ma duale?




Nel suo intervento su huffingtonpost di oggi, Tomaso Montanari,
pur lieto ormai del successo, a sinistra del Pd, della tesi già sostenuta
il 18 giugno al Teatro Brancaccio di Roma
("il centrosinistra è morto ed esiste una Sinistra con un suo progetto di Paese"),
indica, perché la neonata volontà di stare insieme a sinistra non si ingarbugli,
almeno cinque nodi da sciogliere a breve tra i tanti.
Si tratta di osservazioni tutte da prendere in seria considerazione
e quindi da discutere (apertura a tutte le forze disponibili della sinistra larga,
programma comune, percorsi d’azione, liste).
Qui si vuole prendere in considerazione il “quarto nodo”, questo:
Il quarto nodo: la leadership, appunto. Che non può essere calata dall'alto.
Né può essere maschile singolare. Deve essere plurale, capace di tenere
insieme i generi e le generazioni. La maledetta legge elettorale voluta
da tutte le destre obbliga a indicare un "capo", letteralmente.
E dunque ci dovrà essere anche un nome singolo: condiviso, autorevole,
capace di coordinare senza comandare. Ma dentro una struttura plurale”.

Perfetto! Eppure qualcosa si potrebbe aggiungere in segno di discontinuità
e di sperimentazione. Se una brutta legge elettorale “obbliga” a indicare 
un “capo” (proprio così, un “capo”: ormai, in tempi di crisi della democrazia,
non ci si vergogna più di (in)seguire un “capo”), ripeto, se una brutta legge 
elettorale “obbliga” a indicare un “capo”, perché, dopo aver affermato 
la necessità di una leadership plurale e aver rifiutato una leadership 
maschile singolare, non si propone di sperimentare un coordinamento duale
di un uomo e una donna, invece di stancarsi a cercare un “nome singolo, 
condiviso, autorevole, capace di coordinare senza comandare”?
Perché non si abbandona definitivamente l’idea dell’Uno,
quasi sempre “maschile singolare” per sperimentare l’uno/due, 
maschile e femminile? 
Esiste una ragione politica, logica, storica di impedimento 
per una guida/coordinamento duale? Una donna e un uomo alla pari?
Forse per sottrarre la Politica al rischio del monocratismo maschilista, 
è bene sperimentare la guida duale, di un uomo e una donna insieme. 
Almeno a sinistra.
O no?

 Severo Laleo

giovedì 19 ottobre 2017

Harvey Weinstein, Asia Argento, Maria Cecilia Guerra e il bicratismo




Il caso Weinstein non è un caso. E’ la normalità della nostra cultura, 
anche oltre l’occidente. E non è solo colpa del singolo orco, del gigante Harvey
quell’orco è cresciuto nei secoli dentro un sistema di valori (si fa per dire!) 
tutto dominato dalla centralità di potere del maschio. Il maschio da sempre 
ha occupato in ogni civiltà (o quasi) il posto del dominatore, 
sempre conquistato con la forza. E solo un altro maschio ha titolo a strappare 
al dominatore il suo posto con più potente violenza, violenza comunque, 
a prescindere dal tipo di strategia/stratagemma in atto per l’usurpazione.
La storia è un susseguirsi di usurpazioni.
I maschi si alimentano con il duello, l’uno contro l’altro, per fregiarsi, 
e sempre temporaneamente, del fascino Alfa, spesso ambiguamente esaltato 
da una indefinita cultura femminile.
Tutti gli altri maschi sono gregari, assistono al duello e volta e per volta
decidono da quale parte stare e con quale aperto o segreto disegno.
Il maschilismo è questo, e sta tutto nell’aver creato nella storia
il monocratismo, il Potere del Maschio e basta. Il Potere, dovunque sia possibile
esercitare un potere, è del monocrate maschio.
Dentro questo modo di vedere la vita sociale e il Potere, viviamo tutti noi, 
uomini e donne, senza porre in discussione la violenza insita in questa struttura 
sociale dominata dal monocratismo maschilista.
Il monocrate Harvey, non è un orco, ma sa di essere un Alfa, sa di poter contare 
sul silenzio complice e affine culturalmente dei suoi pari, sa di potere dominare 
i suoi dipendenti, sa di poter contare su un ricco arsenale di argomenti 
per corrompere i fragili (e ognuno di noi ha un suo punto di fragilità), 
e per questo diventa, sereno e placido nel suo ego, un orco.
Weinstein è oggi l’interprete consequenziale più evidente e insopportabile 
del monocratismo maschilista, mentre il mondo intorno
al suo Potere è la conferma dell’esistenza di un maschilismo gregario.
Asia Argento ha voluto denunciare quell’orco e quel sistema.
Si può solo essere grati ad Asia, se pur grati si può essere della sofferenza altrui,
viva anche se lontana nel tempo (la sofferenza di libertà -si deve ricordare
ai/alle pedanti privi/e di un sentire profondo- è indivisibile ed è sempre
e comunque odiosa); si può essere grati ad Asia Argento
perché con la sua denuncia ha semplicemente 
reclamato il diritto di essere “pari” in ogni relazione, qualunque sia la relazione; 
un diritto universale valido per tutte/i e per sempre e dovunque.
Il diritto di essere pari in ogni relazione/situazione sociale e di Potere esclude 
la possibilità di una prorogabilità ulteriore del nostro sistema
di potere monocratico esito storico diretto ed esclusivo del maschilismo
(il monocratismo è deleterio, pericoloso sempre, anche se il monocrate
è una donna).
Il processo di civilizzazione della società, con il superamento della logica 
del maschio Alfa, dell’orco, passa per il bicratismo, una istituzionalizzazione 
cioè del potere duale in ogni sede decisionale, ponendo un limite definitivo 
Maria Cecilia Guerra, su il manifesto, ascoltando con partecipazione
la denuncia di Asia Argento e di tantissime altre donne, s’interroga sul perché 
la politica e le istituzioni non reagiscano, anzi tacciano davanti a questa 
enorme protesta”, e, non volendo tacere, lei impegnata in politica, a sinistra,
vede, proprio nel silenzio della politica, “un nodo della crisi 
della rappresentanza politica. Un punto politico che tutte 
e tutti siamo chiamati a interrogare trovando le necessarie risposte”. 
Ed è lodevole, e per ora condivisibile, il suo chiamare a raccolta,
insieme alla sua parte politica, il mondo del femminismo e delle associazioni
di donne, per cambiare le cose.
Ma non basta. Non è solo un problema di rappresentanza politica. 
E’ un problema dell’organizzazione del Potere, modellato a partire
dal dominio maschile a sua immagine. E’ necessario cambiare le istituzioni,
ma prima potrebbero cambiare i “partiti politici”, se davvero vogliono 
interpretare quel “movimento impetuoso di massa che attraversa 
gli oceani e sbatte in faccia agli uomini e al potere la loro responsabilità”. 
E per cominciare, cosa aspetta la sinistra a individuare una leadership
di coppia, una guida duale, per dare subito atto, con immediata visibilità,
di una parità senza discussione proprio nel suo vertice?
Si superi la figura del maschio dominante chiuso nel suo monocratismo 
e si apra al bicratismo di genere: parità assoluta di uomini e donne
in ogni luogo/sede di decisione. 
E forse le nuove generazioni impareranno a sentirsi sempre “pari”,
al riparo di sopraffazioni d’ogni tipo.
O no?
Severo Laleo